Serri Mirella - 2014 - Un amore partigiano. Storia di Gianna e Neri, eroi scomodi della Resistenza by Serri Mirella

Serri Mirella - 2014 - Un amore partigiano. Storia di Gianna e Neri, eroi scomodi della Resistenza by Serri Mirella

autore:Serri Mirella [Serri Mirella]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: History, General, Military, World War II, Political Science, Colonialism & Post-Colonialism
ISBN: 9788830439498
Google: nILknQEACAAJ
editore: Longanesi
pubblicato: 1999-12-31T23:00:00+00:00


Dopo questo smacco infertogli dalla Spagna franchista, il colorito verdognolo di Ben, che gli aveva meritato l'epiteto di Cetriolone, si era accentuato. Riteneva Clara interessata comunque sempre e soprattutto al controllo delle «sue bagasce» («le parolacce si imparano dalle suore, e io sono stata a scuola dalle suore di Nevers», gli aveva spiegato). Di solito lei teneva il conto dei coiti del velocissimo amatore, ante e post marcia su Roma («Hai conosciuto il politico, adesso ti farò conoscere l'uomo»: con questa formula si rivolgeva alle signore che riceveva a Palazzo Venezia. «Le prendevo», racconta, «in quindici minuti», compreso il scendi-sali dei calzoni). Adesso Claretta temeva Alis (di cui le sorelle Petacci dicevano che «sapeva vendere bene la propria merce, dando al suo ruolo un pizzico di esotismo»), ma anche Romilda Ruspi. Il Duce la frequentava a Roma negli anni Trenta ed era ricomparsa sulle rive del Garda dove Mussolini l'aveva vista il 19 settembre 1944, quando però non era in vena di incontri erotici («Si parlò del più e del meno e quantunque la cosa vi sembri inverosimile, l'incontro fu assolutamente bianco. Non ero in vena, ecco tutto. Può capitare a tutti, anche a un uomo che ha vent'anni»). La Ruspi, nata nel 1900, aveva già due figli quando aveva avuto l'onore di conoscere Benito e di renderlo padre. Come gli capitava con tante sue amanti, Mussolini continuava a frequentarla regolarmente negli anni, dandole sovvenzioni e regali ai bimbi. «Come al solito tu vedi questo mio viaggio da un solo punto di vista», scriveva il leader del fascismo a Claretta a proposito del fatto che la sua amante voleva raggiungerlo al più presto a Milano, «quello femminile con relativi incontri, e non pensi ad altro. E' questo uno dei motivi che ti spingono a venire a Milano.»

Mussolini si sbagliava. L'incubo di Clara era un altro: che il dittatore, cogliendo la palla al balzo delle tante difficoltà, volesse espatriare liberandosi definitivamente di lei e dell'ingombrante clan dei Petacci. Le prove della disaffezione non le mancavano, il Duce non si era preoccupato per nulla della sua detenzione a Novara, ad aiutarla erano stati i «germanici», e anche quando era stata liberata non era apparso sui carboni ardenti per il desiderio di incontrarla. Adesso il capo della Rsi le ingiungeva di seguirlo a Milano solo ventiquattr'ore dopo la sua partenza da Gargnano perché «gli occhi di tutti sono puntati sui nostri spostamenti e la tua partenza farebbe clamore immediatamente dopo la mia». Ma Clara si era ribellata, pronta a offrire spiegazioni sulla necessità di andare nel capoluogo lombardo: aveva un appuntamento con il medico, doveva riabbracciare i genitori prima della loro partenza per la penisola iberica: «Mi ritengo libera cittadina, e non in stato di arresto, né sorvegliata speciale. Non ti azzardare a dirmi cosa devo fare, ho deciso di andare per conto mio a Milano... Per questo ho la contromisura: non discuto più. Tu fai, io faccio e basta. Stai sereno, tu svolgerai il tuo programma e io il mio. Poi ritorneremo tu nella tua casa, io nella frateria [la villa dei conti Cervis dove era ospitata; N.



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